Quarta d’autore N°8

 

 

 

Giorgio Biferali presenta La biere du pecheur

La biere du pecheur  Landolfi lo immagina come una “specie di diario”, e a pensarci bene è un titolo che ne contiene due, La bara del peccatore o la birra del pescatore, a seconda degli umori di chi scrive e di chi legge. Ed essendo un diario o quasi, Landolfi non sa bene come muoversi, o almeno finge di non saperlo, e non appena entra in scena sa che dovrà ricorrere a due elementi nei quali non ha mai creduto davvero: la scrittura e la realtà. Questo piccolo grande viaggio dentro se stesso ce lo presenta come un ripiego, visto che non è riuscito a scrivere in terza persona, ci ha provato, sì, ma non c’è stato niente da fare, e quindi non gli rimane che affidarsi alla prima.

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Quarta d’autore N°7

 

 

 

Matteo De Giuli presenta Le labrene

Animali veri eppure fantastici abitano i racconti di Tommaso Landolfi. Sono presenze perturbanti, simboliche, spettri della mente che si modellano attorno alle ossessioni dei protagonsti e assumono fattezze ferine. Prendiamo le labrene, i piccoli rettili che infestano la casa del narratore nel racconto che dà il titolo a questa raccolta. Le labrene non sono altro che i comuni gechi, eppure le labrene sono anche molto di più: esseri repellenti e arcani, mostriciattoli minacciosi e dal potere immenso, capaci di uccidere chiunque abbia la sciagura di toccare le loro squame. E muore, il narratore, proprio quando sfiora per fatalità una labrena, nel tentativo di scacciarla. Si risveglia da cadavere, a terra, immobile, muto. Imprigionato in quel corpo esanime, riesce però lo stesso a sentire le voci di casa e poi quelle del proprio funerale, le parole dei cari, e della moglie, che prima lo compiangono e poi pensano subito a dimenticarlo, progettano il futuro, le loro nuove vite. Ma è morto davvero, il narratore, o stiamo attraversando assieme a lui il suo delirio allucinatorio?

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Quarta d’autore N°6

 

 

 

Elena Fontaloni presenta Il principe infelice e altre storie per bambini

Il volume raccoglie quattro storie per bambini scritte da Tommaso Landolfi tra il 1938 e il 1968. Disgraziatissime quanto a vicende editoriali, le prime due, Il principe infelice La raganella d’oro, sono favole lievi e profonde (Mario Luzi), tralignanti i modelli aurei di Andersen, i Grimm, Wilde oltre che delusive rispetto a ruoli, svolgimenti e finali comunemente attesi. Il principe infelice, ambientata nella luce della luna e del sogno, ha per eroina una fanciulla povera dal cuore di cristallo, la quale salva un sapientissimo rampollo di re dalla malinconia ma non diventa principessa perché re e rampollo perdono il trono per aggiustare il di lei cuore nel frattempo spezzatosi: il libro è steso e compiuto nel 1938, viene pubblicato da Vallecchi solo nel 1943 e ristampato – inaccuratamente – nel 1954 (del Principe felice di Wilde, occhieggiato dal titolo, Landolfi scrive la parodia in un altro testo, non rivolto i bambini e coevo al Principe infelice, dal semplice titolo Favola). La raganella d’oro, racconto di uno stato di emergenza con per eroe un palafreniere molto adoprantesi per la salvezza della patria e di un’amata principessa, la quale infine sposa non lui, ma il persecutore (un principe trasformato per maleficio in bestiale gigante), è finito e consegnato nel 1947, esce sempre per Vallecchi solo nel 1954, dopo una serie angosciante di lettere tra l’autore e l’editore. Piuttosto negletti al tempo e oggi dimenticati anche gli altri due testi, usciti entrambi nella collana “I Gemelli” di Giovanni Arpino dentro volumi collettanei, rispettivamente nel 1967 e nel 1968: i Colloqui tra un padre e una figlia magnifica e malignetta che non vuol andare a letto, dai quali nascono storie fantastiche più o meno ben riuscite secondo la piccola provocatrice, e per finire le Filastrocche, con i loro ottonari che contrappongono alla bella fuggevole giovinezza di Lorenzo de’ Medici un testardo rimanere se stessi, “corti, matti e arfasatti” (Sale e pepe); onomatopee come personaggi (Ta, Tarà, Tatà); una sontuosa conta del “non” che termina grazie all’apparizione di una pica (Grande filastrocca negativa con tocco finale).

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Quarta d’autore N°5

 

 

 

Michele Farina presenta La spada 

Pubblicata per la prima volta nel 1942 per l’editore fiorentino Vallecchi, La spada è una silloge disumana, nella doppia accezione di crudele e bestiale, che accoglie brevi prose di generi differenti, tutte permeate da una nebbia fantastica più o meno fitta a seconda del testo considerato. Le creature che si aggirano tra le pagine della raccolta ci ricordano che quella umana è solo una delle possibili forme dell’immaginazione di Landolfi, e non la più ragionevole.

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Quarta d’autore N° 4

 

 

 

Stefano Carrai presenta Viola di morte

Viola di morte è la prima raccolta poetica di Landolfi, uscita per Vallecchi nel 1972 con in copertina un ritratto dell’autore dipinto appositamente dall’amico Beppe Bongi. Si tratta dunque di un libro abbastanza tardo, ma non lo era la vocazione poetica che gli era alle spalle, tenuta fino ad allora ai margini per la preponderanza della scrittura in prosa. Il sonetto d’apertura del libro difatti è esplicitamente datato al 1920, cioè alla prima giovinezza, e i testi poetici che esso raccoglie solo oltre trecento.

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