Quarta d’autore N°6

 

 

 

Elena Fontaloni presenta Il principe infelice e altre storie per bambini

Il volume raccoglie quattro storie per bambini scritte da Tommaso Landolfi tra il 1938 e il 1968. Disgraziatissime quanto a vicende editoriali, le prime due, Il principe infelice La raganella d’oro, sono favole lievi e profonde (Mario Luzi), tralignanti i modelli aurei di Andersen, i Grimm, Wilde oltre che delusive rispetto a ruoli, svolgimenti e finali comunemente attesi. Il principe infelice, ambientata nella luce della luna e del sogno, ha per eroina una fanciulla povera dal cuore di cristallo, la quale salva un sapientissimo rampollo di re dalla malinconia ma non diventa principessa perché re e rampollo perdono il trono per aggiustare il di lei cuore nel frattempo spezzatosi: il libro è steso e compiuto nel 1938, viene pubblicato da Vallecchi solo nel 1943 e ristampato – inaccuratamente – nel 1954 (del Principe felice di Wilde, occhieggiato dal titolo, Landolfi scrive la parodia in un altro testo, non rivolto i bambini e coevo al Principe infelice, dal semplice titolo Favola). La raganella d’oro, racconto di uno stato di emergenza con per eroe un palafreniere molto adoprantesi per la salvezza della patria e di un’amata principessa, la quale infine sposa non lui, ma il persecutore (un principe trasformato per maleficio in bestiale gigante), è finito e consegnato nel 1947, esce sempre per Vallecchi solo nel 1954, dopo una serie angosciante di lettere tra l’autore e l’editore. Piuttosto negletti al tempo e oggi dimenticati anche gli altri due testi, usciti entrambi nella collana “I Gemelli” di Giovanni Arpino dentro volumi collettanei, rispettivamente nel 1967 e nel 1968: i Colloqui tra un padre e una figlia magnifica e malignetta che non vuol andare a letto, dai quali nascono storie fantastiche più o meno ben riuscite secondo la piccola provocatrice, e per finire le Filastrocche, con i loro ottonari che contrappongono alla bella fuggevole giovinezza di Lorenzo de’ Medici un testardo rimanere se stessi, “corti, matti e arfasatti” (Sale e pepe); onomatopee come personaggi (Ta, Tarà, Tatà); una sontuosa conta del “non” che termina grazie all’apparizione di una pica (Grande filastrocca negativa con tocco finale).

Date e fortune di questi testi senz’altro testimoniano l’impegno non episodico e sempre artisticamente alto di Landolfi nella letteratura per l’infanzia e l’adolescenza – impegno che peraltro eredita le evoluzioni interne della parabola landolfiana (dal racconto-romanzo-favola al diario-colloquio-filastrocca), sul basso continuo del “più grande scrittore in negativo del Novecento” (Luigi Baldacci). Hanno però anche il merito di illustrare esemplarmente le vicende della stessa letteratura per l’infanzia e l’adolescenza, la cui storia, spesso marginale e nascosta, è molto diversa da quella dell’editoria per bambini e ragazzi e dei suoi libri tanto più di successo quanto più tronfi e didattici (sulle vicende editoriali landolfiane, comprese queste accennate sopra, è da leggere Il piccolo vascello solca i mari di Idolina Landolfi, uscito nel 2015). Del resto, il bambino cui si rivolge Landolfi è sin dal Principe infelice il pubblico tenuto a mente dalla migliore letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Dunque un essere assai simile alla ragazzetta dei Colloqui e altrettanto diverso dall’ottuso e lacrimoso liceale alla scuola di Dio di Isolia Splendens (1964): attenta e sorpresa davanti all’iridescente “linguaggio dell’anima” di Landolfi (una lingua dove gioco e tradizione, ricerca di verità e recita s’incontrano), inventa a sua volta nomi come Manuppo e Popolello e su quei nomi chiede di produrre storie; mette in scacco l’adulto con richieste di dettagli più verosimili o più fantastici di quelli prodotti; vuole incontrare il mostro temuto da tutti (un brutto sogno, un gigante, un pitecantropo, un uomo azzurro) e averne paura, o forse no, si vedrà: tu intanto dimmi come posso trovarlo. Col suo senso allucinato e sornione del tempo, delle architetture domestiche e regali, dei paesaggi possibili e impossibili, il destinatario e suscitatore ideale di queste storie induce l’adulto a parlare del vuoto e della morte, della paura e della natura, dell’amore e del matrimonio, permettendo così a chi racconta di ammettere che grandi e piccoli nomi, sedicenti immaginosità e ragionevolezze, difficilmente sono poco più che “bubbole”, le quali tentano di strappare ancora un momento di luce alla realtà e alla letteratura, per indurre chi ascolta o legge ad andare a letto con qualche minuto di ritardo e almeno un poco contento, finché magari non si dovrà andare a letto mai più, in un felice futuro lontanissimo: “tra quindici anni”, promette il babbo alla bambina dei Colloqui. È insomma un sentimento di profondo rispetto e finanche di umilissima curiosità per l’intelligenza quanto più ineducata e istrionica, per questo drammaticamente onesta, di bambini ed adolescenti, quello che trapela da queste prove. Al lettore adulto, specie se dotto, Landolfi porge qui i suoi consueti mieli e veleni, comunque sublimi: una lingua smaliziata e smagliante, mai arresa al piattume della comunicazione e del bamboleggiamento; un’invenzione imprevedibile e antagonista anche quando si muove sui binari più obbligati; per finire un nobilissimo sberleffo. Lo invita infatti a scovare debiti e crediti letterari, malinconie, giochi d’azzardo, animali simbolo e morali deluse. E a “raccontarne una migliore”, se proprio vuole e ce la fa, prima di dover andare tutti a letto.

 

Elena Frontaloni (Jesi, 1980), insegnante, ha lavorato a lungo nell’editoria scolastica, ha scritto un libro su Pasolini e ha curato edizioni e apparati di alcune opere di Dolores Prato, pubblicate in Italia e all’estero (Giù la piazza non c’è nessuno, Scottature, Sogni, Spartiture).

 

Dopo l principe infelice e altre storie per bambini, sarà la volta de Le labrene a cura di Matteo De Giuli

 

* L’immagine è riprodotta su concessione della “Sezione Archivi della Biblioteca Umanistica dell’Università di Siena” (Classe Dewey 853.912). È vietata la riproduzione o la duplicazione dell’immagine con qualsiasi mezzo.

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